Il 44% dei pensionati vive in condizioni di semi povertà con una pensione inferiore a 1.000 euro lordi mensili. Il dato è davvero allarmante, ma ancora più lo è il fatto che nell'ultimo anno, secondo l'Istat, è cresciuto del 22% il numero dei pensionati che sono caduti nella povertà assoluta. Questo porta a un totale complessivo di 888.000 pensionati oltre i 65 anni che non dispongono dei mezzi necessari per accedere a beni e servizi considerati essenziali per vivere. È quanto ha affermato il presidente Anap Confartigianato Pietro Cisari, a commento della manifestazione pubblica promossa nei giorni scorsi a Roma dal Cupla (Coordinamento Unitario dei Pensionati del Lavoro Autonomo). Nel corso dell'evento è stato presentato il rapporto realizzato dal Cupla in collaborazione con il Cer (Centro Europa Ricerche) sul potere di acquisto delle pensioni dal titolo Politiche fiscali, indicizzazione e progressivo impoverimento delle pensioni.
Dal rapporto si evince come negli ultimi anni si siano allargate le condizioni di disagio sociale e di povertà tra i pensionati: anche quelli a reddito più basso, che teoricamente godono della piena indicizzazione dei loro trattamenti, hanno visto diminuire consistentemente il loro potere di acquisto.
È un dovere morale, oltre che costituzionale, garantire ai pensionati che non hanno il minimo vitale il diritto di vivere con dignità. Non c'è più tempo per gli indugi. I provvedimenti finora presi, come la social card e i Sia (Sostegno per l'Inclusione attiva) sono serviti a ben poco. Occorre ha concluso il presidente Cisari che l'Italia, in ottemperanza a quanto stabilito dalla Carta Sociale Europea, adegui gradualmente i trattamenti minimi di pensione al 40% del reddito medio nazionale, cioè da 500 a 650 euro mensili. E non può essere accampata la solita scusa delle mancanza di risorse. Come dice un proverbio: se una cosa si vuole, una strada si trova.