Che cosa si intende per "panificio"? E che differenza c'è tra il pane fresco e quello conservato? Lo stabilisce il Decreto interministeriale datato 1° ottobre 2018, n. 131 del Ministro dello Sviluppo Economico, di concerto con il Ministro delle Politiche Agricole Alimentari, Forestali e del Turismo e il Ministro della Salute, relativo al Regolamento recante disciplina della denominazione di «panificio», di «pane fresco» e dell’adozione della dicitura «pane conservato», in attuazione del decreto legge 223/2006 convertito nella legge 4 Agosto 2006 n. 248.
Le definizioni
Il testo del DM prevede all’art. 1 che per “panificio” si intende l’impresa che utilizza impianti di produzione di pane ed eventualmente altri prodotti da forno e assimilati o affini e svolge l’intero ciclo di produzione dalla lavorazione delle materie prime alla cottura finale.
All’art. 2 s’introduce la definizione di “pane fresco” specificando che è tale il pane ottenuto secondo un processo di produzione continuo, senza che vi siano interruzioni finalizzate al congelamento o surgelazione, ad eccezione del rallentamento del processo di lievitazione, e che non veda l’utilizzo di additivi conservanti e di altri trattamenti aventi effetto conservante.
Per quanto riguarda il processo di produzione è considerato continuo quello che ha una durata massima di 72 ore comprese tra l’inizio della lavorazione del pane e la sua messa in vendita.
All’art. 3 viene definito quale “pane conservato o a durabilità prolungata” il pane non preimballato per il quale la procedura di produzione prevede, un metodo di conservazione ulteriore rispetto ai metodi sottoposti agli obblighi informativi previsti dalla normativa nazionale e dell’Unione europea ( ad es. pane precotto surgelato o meno). Per questa tipologia di pane secondo l’articolo 44 del regolamento (UE) n. 1169/2011 nel momento della vendita deve essere fornita, al fine di evitare che il consumatore possa essere indotto in errore così come prevede l’allegato VI parte A al punto 1, del regolamento (UE) n. 1169/2011, un'adeguata informazione riguardo il metodo di conservazione utilizzato nel processo produttivo nonché le modalità per la sua conservazione ed il consumo. Ciò si realizza tramite un’apposita dicitura da riportare sul cartello, di cui all’art. 19 del Decreto legislativo n. 231/2017, negli specifici comparti in cui viene collocato, distinti rispetto a quelli in cui viene esitato il pane fresco.
Viene stabilito all’art. 4 che in base al principio del mutuo riconoscimento per i prodotti di panificazione realizzati negli altri Paesi membri dell’Unione Europe, la Turchia e gli altri stati aderenti all’accordo sullo Spazio economico europeo e commercializzati in Italia non vengono applicate le disposizioni del presente decreto.
Secondo l’art. 5 gli incarti ed imballi aventi denominazioni o diciture che non rispettano le disposizioni del decreto possono essere utilizzati fino ai 90 giorni a partire dalla data di pubblicazione del decreto.
Il decreto entrerà in vigore il 19 Dicembre.