Crea stampanti 3D biodegradabili per il 95% grazie a stampanti 3D progettate e costruite in proprio. Sembra un gioco di parole o una strana forma di matrioska e invece l’idea dell’ingegner Alessandro Poli ha portato la “3D Business” di Trecate ad essere l’unica azienda nel settore della manifattura additiva a produrre macchine eco-sostenibili in tutti i suoi componenti con la sola eccezione della parte elettronica. E la dimensione tutta green vale un premio: la “3D Business” è tra i vincitori della prima edizione del concorso “Io sono impresa sostenibile” lanciato da Confartigianato Piemonte orientale a favore dei suoi associati più ecologici.
Il risultato attuale è il frutto di un lavoro continuo di progettazione, rivisitazione, test e prototipi che parte da lontano, in verità parte da tutt’altro mondo. Infatti la prima molla che ha spinto Alessandro Poli, laureato in ingegneria meccanica, verso la costruzione a stampa 3D è una passione giovanile: il modellismo. Lo ha sempre amato, ha lavorato in un’azienda che produce macchine telecomandate e altri apparecchi che fanno la gioia dei modellisti e poi ha deciso di provarci da solo, aprendo un’attività commerciale in via Verra a Trecate. E’ ancora lì, ma nel frattempo è cambiato tutto. “Però è stato grazie al modellismo che ho conosciuto le stampanti per costruire i pezzi di ricambio degli apparecchi – racconta -. Allora io mi dedicavo soprattutto agli elicotteri radiocomandati e ho intravisto in questa tecnologia la possibilità di creare su misura gli elementi che mi servivano”.
L'inizio con il modellismo
Nel 2014 compra la sua prima stampante 3D che però non ha la resa che si attende e quindi la modifica e questo, a poco a poco, diventa un lavoro. Al punto che l’ingegnere trecatese ottiene l’esclusiva in Italia per le stampanti cinesi personalizzate da lui: “I clienti erano gli hobbisti per i loro modellini ma anche le università e gli istituti di ricerca per i loro studi, gli architetti per i rendering dei progetti, gli orafi artigiani che creavano la matrice per i gioielli, gli odontotecnici”.
Nel 2019 nasce la “3D Business” ma subito dopo quasi tutto si ferma per la pandemia ma Alessandro e il fratello Luca che segue la parte marketing dell’azienda trasformano questo stop forzato in un'occasione per ripensare il prodotto e migliorarlo. Il primo obiettivo è creare una macchina che nasca già unica, quindi non modificata, e sempre più sostenibile nei confronti dell'ambiente. Dopo un anno di ricerche sui materiali, progetti elaborati con consulenti esterni, prototipi realizzati nel laboratorio di Trecate la “3D Business” arriva a definire la creazione di una stampante quasi completamente biodegradabile funzionante con la resina o con la fusione di un filamento di plastica. Dove il quasi ha le dimensioni minime del 5 per cento del totale.
La stampante bio
“Il “contenitore” si può smaltire nell’umido perché è realizzato con un materiale che deriva da un processo enzimatico applicato al mais – spiega Poli - mentre per i pezzi che di solito sono in alluminio noi usiamo un polimero riciclato dalle bottiglie dell’acqua. Solo la componente elettronica della macchina va inserita nell’apposita raccolta differenziata e non è biodegradabile. Adesso abbiamo realizzato anche una cabina per il lavaggio successivo alla stampa che utilizza un detergente ecologico e non inquinante”.
Le ragioni del premio “Io sono impresa sostenibile” sono in questa concezione del prodotto che coinvolge anche il modo in cui viene creato: “Siamo l’unico micro-produttore che riutilizza tutto il calore generato dalla parte elettronica del processo di lavorazione per scaldare la resina nella camera di stampa – aggiunge l’ingegnere della “3D Business” -. Acquistiamo i nostri materiali in Italia con una filiera corta e stabilimenti a impatto zero e abbiamo dimezzato il peso per limitare anche l’impatto sul trasporto. Abbiamo eseguito anche un’analisi dei “costi” di produzione sulla base degli obiettivi dell’Agenda 2030 ed è risultato che la stampante che abbiamo da poco messo in commercio richiede 110 chili di CO2 contro i 900 chili della versione precedente che pure era più piccola e meno automatizzata”.